Persino I Corvi Perplessi - Seconda Istantanea
Su Ada la lampada posa gentile, armoniosa candela elettrica; il suo paralume di semplice tela disegna sul corpo di lei delle pozze di scuro, il suo viso di occhi di Ucraina nasconde alla luce un fermaglio sottile, uno sguardo, un pensiero ingombrante, che si ramifica e traccia dei solchi che sono il respiro e la rabbia; il televisore lampeggia e riempie lo scuro, a tratti; la sera ha affondato Albert Street e dalla persiana di stecche di legno proviene soltanto l’insegna di Hunters.
Sulla moquette ciclamino si sono raccolti dei petali rossi, esangui. Li ha pianti una rosa che ora nel vaso ha chinato il suo capo verso la terra: è un dettaglio – nient’altro – come una briciola, un pezzo di carta casuale su cui si è annotato, in fretta, è come passare, passare, ecco, un istante, passato.
Adesso si accomoda ansiosa la testa castana, il fermaglio si muove, le resta fra i denti e le labbra si tendono e fanno una piega, una morbida linea le incide la guancia ed un piccolo neo si allontana mentre il cuscino riappare per un momento fra la testiera del letto e il suo busto, e la stanza si annulla, e la strada si annulla. E lo specchio sul muro la inquadra. E rumore è silenzio.
Il corridoio che tocca le stanze per il personale – all’Hotel Du Vin – è un imbroglio di porte e di gesso bianchi, di rampe di scale che i passi non suonano, di aspirapolvere, stereo e neon. Ada invece ha pareti dipinte di giallo, quella sfumatura di giallo che quando l’involto di carta velina che è il lampadario sprigiona fulgore la notte ti abbraccia e ti porta nel sonno con sé o ti suggerisce parole leggere da dire, ed ha libri di arte e di letteratura arrangiati su un mobile fatto di vimini e legni e vestito di organza, ritratti a matita fissati col nastro adesivo alle ante di armadio, soltanto il grembiule smeraldo a svelare il mestiere, e profumo, di fiori certo ma anche di lei, il profumo che dona ai tessuti, alle cose, e la stanza si annulla ancora, e si è veramente vita. Ma vivere Ada è come passare, passare; ecco: un istante, uno solo. Passato.
G.Fantasia
Sulla moquette ciclamino si sono raccolti dei petali rossi, esangui. Li ha pianti una rosa che ora nel vaso ha chinato il suo capo verso la terra: è un dettaglio – nient’altro – come una briciola, un pezzo di carta casuale su cui si è annotato, in fretta, è come passare, passare, ecco, un istante, passato.
Adesso si accomoda ansiosa la testa castana, il fermaglio si muove, le resta fra i denti e le labbra si tendono e fanno una piega, una morbida linea le incide la guancia ed un piccolo neo si allontana mentre il cuscino riappare per un momento fra la testiera del letto e il suo busto, e la stanza si annulla, e la strada si annulla. E lo specchio sul muro la inquadra. E rumore è silenzio.
Il corridoio che tocca le stanze per il personale – all’Hotel Du Vin – è un imbroglio di porte e di gesso bianchi, di rampe di scale che i passi non suonano, di aspirapolvere, stereo e neon. Ada invece ha pareti dipinte di giallo, quella sfumatura di giallo che quando l’involto di carta velina che è il lampadario sprigiona fulgore la notte ti abbraccia e ti porta nel sonno con sé o ti suggerisce parole leggere da dire, ed ha libri di arte e di letteratura arrangiati su un mobile fatto di vimini e legni e vestito di organza, ritratti a matita fissati col nastro adesivo alle ante di armadio, soltanto il grembiule smeraldo a svelare il mestiere, e profumo, di fiori certo ma anche di lei, il profumo che dona ai tessuti, alle cose, e la stanza si annulla ancora, e si è veramente vita. Ma vivere Ada è come passare, passare; ecco: un istante, uno solo. Passato.
G.Fantasia