martedì, aprile 26, 2005

Persino I Corvi Perplessi - Seconda Istantanea

Su Ada la lampada posa gentile, armoniosa candela elettrica; il suo paralume di semplice tela disegna sul corpo di lei delle pozze di scuro, il suo viso di occhi di Ucraina nasconde alla luce un fermaglio sottile, uno sguardo, un pensiero ingombrante, che si ramifica e traccia dei solchi che sono il respiro e la rabbia; il televisore lampeggia e riempie lo scuro, a tratti; la sera ha affondato Albert Street e dalla persiana di stecche di legno proviene soltanto l’insegna di Hunters.
Sulla moquette ciclamino si sono raccolti dei petali rossi, esangui. Li ha pianti una rosa che ora nel vaso ha chinato il suo capo verso la terra: è un dettaglio – nient’altro – come una briciola, un pezzo di carta casuale su cui si è annotato, in fretta, è come passare, passare, ecco, un istante, passato.
Adesso si accomoda ansiosa la testa castana, il fermaglio si muove, le resta fra i denti e le labbra si tendono e fanno una piega, una morbida linea le incide la guancia ed un piccolo neo si allontana mentre il cuscino riappare per un momento fra la testiera del letto e il suo busto, e la stanza si annulla, e la strada si annulla. E lo specchio sul muro la inquadra. E rumore è silenzio.

Il corridoio che tocca le stanze per il personale – all’Hotel Du Vin – è un imbroglio di porte e di gesso bianchi, di rampe di scale che i passi non suonano, di aspirapolvere, stereo e neon. Ada invece ha pareti dipinte di giallo, quella sfumatura di giallo che quando l’involto di carta velina che è il lampadario sprigiona fulgore la notte ti abbraccia e ti porta nel sonno con sé o ti suggerisce parole leggere da dire, ed ha libri di arte e di letteratura arrangiati su un mobile fatto di vimini e legni e vestito di organza, ritratti a matita fissati col nastro adesivo alle ante di armadio, soltanto il grembiule smeraldo a svelare il mestiere, e profumo, di fiori certo ma anche di lei, il profumo che dona ai tessuti, alle cose, e la stanza si annulla ancora, e si è veramente vita. Ma vivere Ada è come passare, passare; ecco: un istante, uno solo. Passato.

G.Fantasia

giovedì, aprile 21, 2005

Playlist Aprile

A tempo indeterminato viene sospeso l'appuntamento con Song of the day, ho in mente altro e forse non posterò più lyrics, a meno che non debbano meritarlo veramente. Inutile sprecare tempo e spazio sul blog. Così, almeno per questo mese, preferisco elencare ciò che più di ogni altra cosa rimbalza sulle 4 mura di camera mia. Perchè un giorno non me ne dimentichi.

Image Hosted by imagehosting.us The Bravery - s/t [Island records]
Un album per pochi. E non perchè sia un ascolto complicato. Anzi, proprio perchè può piacere solo a chi non si fa troppi problemi a vedere reminescenze ovunque e comunque. A chi si fa semplicemente trascinare da melodie a volte al limite del pacchiano, ma estremamente efficaci e coinvolgenti. Io l'ho consumato, è disco del mese.

Image Hosted by imagehosting.us Kaiser Chiefs - Employment [Universal]
Come già dissi poco tempo fa, sarebbe un peccato sottovalutarli. Ok, non diverranno i Blur degli anni 2000, ma ci sono alcune cose davvero buone in questo album, e non me lo aspettavo. Non un pezzo sotto tono. A mio parere, mangiano il riso in testa a molti altri, e non sono consideratia dovere.

Image Hosted by imagehosting.us Mando Diao - Hurricane Bar [EMI]
Uff. non mi stanco mai di certe sonorità. Rock'n'roll svedese, solito copione. E continuo a chiedermi perchè I Libertines sono così pompati, quando c'è chi fa le cose come loro, se non meglio.

Image Hosted by imagehosting.usFischerspooner - Odyssey [Capitol]
Una delle rare, se non uniche cose elettroniche che le mie orecchie riescono a sopportare. Sol per questo merita il numero di ascolti che gli ho dedicato. Non tocca mai livelli ottimali (Emerge è un lontano ricordo), ma non annoia. Da sottofondo, è perfetto.

Image Hosted by imagehosting.us Porcupine Tree - Deadwing [Lava records/Warner]
Prendete i Tool, e arrichiteli di quella varietà espressiva che gli mancava. Lazarus da sola può valere tranquillamente l'intero disco. Il resto non è strabiliante, ma rimane un buon disco rock.

martedì, aprile 19, 2005

Persino I Corvi Perplessi - Prima Istantanea

Intro
Una nuova rubrica per la Cunzia, direttamente da colui che merità più di tutti il titolo di accunziato, essendone l'artefice. Giovanni Fantasia, giovane scrittore sassolese emigrato per qualche mese nel paese dei suoi balocchi. L'inghilterra.
Un personal diary di ricordi sottoforma di immagini, fisiche e mentali. Di suoni. Di profumi. O, più semplicemente, di pensieri.
Non mi voglio dilungare, buon viaggio.
Destinazione: Harrowing Harrogate, nel bene o nel male.

The Zordak




Jespers è in Oxford Street. Quattro vetrine soltanto dai battenti di legno dell’Harrowing Theatre. E sei o sette vetrine, invece, dalle bocche rincagnate di Mark & Spencer, le cui fruscianti movenze automatiche danno sulle scaffalature grondanti di fiori, da un lato, e sul trabiccolo delle riviste e dei quotidiani dall’altro. La Cheltenham Crescent approda alla Station Parade e s’incastra nella stazione di ferro nero; allo spiazzo di pietra che inaugura il corso di Beulah Street, appena prima della ringhiera che corre lungo la pensilina per il casellario degli autobus, la sua morbida curva in salita finisce, e un crocicchio di inizi di strade ti porta, se vuoi, proprio all’insegna di Mark & Spencer.
La sandwicheria nello spiazzo adesso ha un’entrata di smalto nuovo, e un’insegna nuova, e cartelloni dei prezzi nuovi e una nuova commessa dietro il banchetto di legno. Mentre il negozio di elettrodomestici a fianco è soltanto un locale asciugato di di luci: due bianchi cavi sottili serpenti immobili sul pavimento, una scatola vuota in un angolo, polvere, poche parole battute su un foglio di carta attaccato alla porta. Con lo stesso silenzio che ha il vicolo, coi suoi fitti mattoni anneriti interrotti da tubi d’acciaio lucente e da scheletroscale antincendio, sopra le quali intravedi, talvolta, un respiro di fumo o un vapore che s’alza in fusione col cielo di grigi sospesi.
Jespers ha odore di carta e di plastica. E odore d’inchiostro di china, diresti, odore di disegnatori al lavoro su un tavolo, attenti sopra una linea, un’intestazione, una squadra. E c’è odore di calma: quell’odore di ragionevolezza che hanno gli uffici dei professionisti di legge o gli studi dei medici. Jespers è un atelier: ci si sente creativi ad entrarci. E a spendere alcune regine in quaderni ed agende e blocchetti di appunti che rimangono poi pagine bianche, pure. Puoi comprarci un raccoglitore per ordinare i tuoi fogli importanti, un bel cavalletto di legno o una tela o pennelli o colori ad olio ed acrilici per la pittura, un segnalibro dorato di Klimt o Picasso, una matita o una penna soltanto se ne hai bisogno. Oppure puoi stare semplicemente a sbirciare fra gli scaffali per qualche minuto pensando a quel che vorresti comprare.
Josie da Jespers non ci è mai stato. Adesso lo osservo impilare svogliatamente le tazze che ha appena asciugate – sbuffando – con un tovagliolo di stoffa bianca, e capisco davvero che non gl’importa. Di Jespers come di Works. E forse nemmeno conosce lo shop di divise ed oggetti e ricordi di guerra che sta dentro un buco di Market Place. Forse neppure ha idea di dove poter acquistare un musetto antigas. O un distintivo scucito. Di certo mai si è stupito dei corvi che beccano terra davanti alla St. Peter’s Church nelle mattine che sorgono fredde e bluastre sulla città, di quanto baccano fuoriesca da loro che sembrano involucri neri di pezzi di anima esplosa e sparsa. E magari non gl’importa perché non è importante. Forse soltanto io m’interesso di Jespers. Soltanto io m’interesso di Jespers.

G. Fantasia

lunedì, aprile 18, 2005

Spoon + Interpol @Vox Club, Nonantola (Mo)

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Riprendo in mano le redini di questo morituro blog, ma lo faccio sommessamente, quasi in silenzio.
Tutto cominciò con il primo concerto degli Interpol, il 2 Dicembre al Velvet di Rimini.
Tutto (tutto che cosa?) forse finirà con questo concerto.
Un cerchio che si chiude, la solita vecchia storia del serpente che si mangia la coda, che mi piace così tanto.
Anche il tempo sembra essere tornato a quel lontano 2 Dicembre...una pioggia intermittente e fastidiosa accompagna noi 4 disincantati sassolesi fino a Nonantola, che per fortuna sembra essere già stata travolta dall'acquazzone. Cosa che ci consente di consumare un paio di fredde birre in più all'aperto, congelando in modo perenne le nostre dita.
Entriamo alle 8 e 58, in perfetto orario, e capisco subito, dalle note di Sister Jack, che al Vox i concerti iniziano con puntualità disarmante.
Poco male. Gli Spoon, tecnicamente bravi, sono come i loro dischi. Asettici. Il tastierista sembra uno scolaretto, seduto ad un banco mentre sostiene l'interrogazione di musica con la sua pianola a fiato. Il bassista sembra lì per caso, immobile ad un angolo del palco. Il cantante/chitarrista è l'unico che sorregge uno show scarno e senza pretese, in fondo. é un peccato, perchè di potenziale questi Spoon ne hanno, ma è come se mancasse sempre qualcosa.
Ad ogni modo, passo il tempo di questo insipido antipasto a vagare in cerca dei compagni di viaggio, persi a causa di motivi fisiologici. Li ritrovo giusto in tempo per aspettare, a qualche metro dal palco, quella mezzora interminabile e soffocante che ci separa dall'inizio del piatto forte.
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Next Exit. Luce blu. Così cominciano gli Interpol. Così come avevano cominciato a Rimini.
Il guaio, se davvero di guaio si può parlare, è che continuano anche come avevano continuato a Rimini. Paul Banks recita gli stessi idiomi di allora, addirittura: "we would like to thank Spoon"...almeno non ha detto Bloc Party. A un certo punto pensavo di essere tornato a quella nottata di fine autunno. E quella freddezza, quell'immobilità che gli era stata attribuita da molti all'andata, ebbene, ora ne sento anche io tutto il peso.
Devo dire la verità: mi sono sentito un pò coglione, a spendere 24 euro stavolta. Finito il concerto, passo davanti al banchetto dei gadgets. Maglie:25 euro. Set di spille:10 euro. Cazzo, mi si sono inflazionati gli Interpol. Tra due anni li ritroverò presentati da Daniele Bossari a Top of the Pops. Nel 2002, il concerto all'Estragon costava 10 euro. Tutti li acclamavano. Ora costano più del doppio, e in molti gli tirano le pietre. Io invece spendo i miei 10 fottuti euri, e gli compro pure le pins. Si, sono un coglione. Si, non sono di quelli che gli piace un concerto solo perchè è visto da una 50ina di persone e costa meno di un deca. E va bene così.
Il serpente si è mangiato la coda. Dal 2 Dicembre ne sono successe di cose, tante, forse troppe.
Ma, come sempre succede, il passato riaffiora inesorabile, grazie a persone e forse anche ad eventi come questo, chiara espressione che certe cose non cambiano mai. E cancella, per un pò, tutto ciò che c'è stato in mezzo.

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venerdì, aprile 01, 2005

[mediocrissimi] The happiness of the Katakuris



In questo appuntamento extra della rassegna, tenuto a metà della settimana, capita uno dei più poliedrici (e belli, a mio parere) lavori del solito Miike.
A metà tra commedia, musical, thriller e film d'animazione in claymotion, The Happiness of the Katakuris è un continuo colpo di scena, che riesce a far di ogni elemento kitsch un punto di forza e di ilarità.
La storia è semplice: una famiglia quasi patriarcale, unita dal sogno del nonno di costruire una guesthouse dove vivere e lavorare tutti insieme, per creare un nucleo familiare solido e felice, si trova ad affrontare le situazioni più difficili. I già pochi avventori della loro piccola pensione sembrano essere destinati tutti a morire durante la nottata, per un motivo o per un altro.
Ma, con una tragicomicità degna del migliore Mario Merola, tra balletti a metà tra Amici di Maria De Filippi e Power Rangers e sotterramenti di cadaveri, i Katakuris saranno capaci di ritrovare l'equilibrio e la serenità tanto agognata.
Un quadretto splendido, pregno di una (auto)ironia mai fine a e stessa, sempre tesa a sottolineare l'importanza dell'unità della famiglia e del "nido" di fronte alle sorprese che la vita inevitabilmente ci presenta.
The Zordak