Dopo l'esplosione di emozioni che ci aveva regalato il finale di DOA, con cui ci eravamo lasciati la settimana scorsa, Ichi the Killer, uno dei più recenti (e famosi) lavori di Takashi Miike si presenta come un capolavoro annunciato.
Ma questa volta la giuria è praticamente al completo, e l'attesa è tanta.
Che dire, forse questa è la più difficile pseudo-recensione che mi son trovato a stilare.
Perchè Ichi non è semplice da digerire. Ichi è più una prova che un film.
E non solo perchè i questa occasione la velocità dei sottotitoli (in inglese, ma penso che ormai lo abbiate intuito) è tale da lasciare più spazio all'immaginazione che alla deduzione.
Se con DOA Miike aveva tessuto una trama solida e chiara, per poi stupire lo spettatore nel finale, in Ichi ("uno" in giapponese) le intenzioni del regista non sono per nienteovvie, dall'inizio alla fine.
Puro esercizio di stile? forse: alcune scene di Ichi sono la cosa più violenta e trucida che si sia mai vista sullo schermo, tanto che in alcuni momenti c'è compartecipazione dolorosa anche da parte dei giurati più abituati a certe cose. Il kitsch degli effetti speciali passa oltre il nostro Tarantino, e tocca i lidi inesplorati dell’assurdo.
Ma c'è qualcosa di più. Qualcosa di indefinito e indefinibile, probabilmente.
C'è un abnorme parallelismo tra masochismo e amore, che trova la sua espressione massima nel personaggio di Kakihara, Yakuza specializzato in torture che trova l'unica realizzazione di sè nel provocare o nel ricevere dolore. Così la ricerca dell'assassino del suo boss si trasforma nella ricerca dell'unica persona capace di ucciderlo, l’unica capace di fargli raggiungere il piacere supremo.
é uno strano magnetismo, quasi chimico, quello che lo porta da Ichi, un ragazzo (in)nocente che riassume nella sua psiche malata l'altro parallelismo, quello tra violenza ed eccitazione sessuale.
È un bambino troppo cresciuto il “killer numero uno”, un bambino che odia uccidere ma che lascia globi di sperma ogni volta che fa a pezzi una donna inerme.
Macellazione e sentimenti, cose che sembrano tanto lontane, ma che in realtà son così vicine…
Non avrete capito molto.
Non importa.
Ciò che si può dire, senza lasciarsi andare in tanto fantasiosi quanto inutili viaggi mentali, è che Ichi the killer è un mondo a se stante. Un’isola psichedelica in cui lo spettatore non riesce a distinguere il reale dall’irreale, a trovare il confine tra ciò che è giusto e ciò che sbagliato, tra cosa è voluto e cosa non lo è. Ma il fascino sta proprio qui, forse. Nel nonsense. Un cinema dell’assurdo che per noi occidentali è così privo di significato da diventare brutto. Ma basta rinunciare un attimo alla propria capacità deduttiva, accettare il fatto che non è importante sapere tutto, per percepire la virtù del nulla.
Psicoattivo.
The Zordak“Ichi The Killer”, film tratto dall’omonimo manga di yamamoto Hideo ,geniale direttore della fotografia di molte opere di Miike , ha suscitato emozioni contrastanti nel pubblico mediocrissimo ma ha lasciato tutti concordi su un punto fondamentale:
Takashi Miike è un maniaco pericolosamente pazzo, ma non solo, è un maniaco pericolosamente pazzo che ha diretto una sessantina di film. Può esistere qualcosa di più bello? Secondo molti di noi, no.
Parliamo dei personaggi perché, della trama, non mi sento ancora di parlarne. Forse ne parlerò tra una sessantina di notti insonni passate a cercare un senso al finale del film oppure dopo un paio di anni di psicoanalisi, ma ora parlerò solo dei personaggi (interpretati quasi esclusivamente da registi giapponesi famosi) e di cosa Miike ha organizzato per loro, ovvero parlerò della parte bella del film.
Se in Dead or Alive avevamo personaggi basati sul chiaroscuro e sulla contrapposizione tra bene e male, qui abbiamo personaggi dove di chiaro non è possibile trovare proprio nulla, nemmeno impegnandosi.
Partiamo dal mito personale di chiunque abbia visto il film, ovvero Kakihara, braccio destro del boss con un debole per i ferri da maglia, le torture e la legge del contrappasso (Per capirci, se lo spii con una telecamera lui ti infila in un televisore). Questo grandioso esemplare di Truzzo Biondo Giapponese ama più di ogni cosa farsi picchiare ma, badate bene, non da bellissime donne ma da panzoni sadici, tipo il Boss della banda, unico in grado di farlo veramente godere (De Gustibus non disputandum est). Personaggio quindi abbastanza interessante anche passando sopra al fatto che abbia la bocca squarciata da un orecchio all’altro, chiusa solo con due piercing.
Poi c’è il protagonista che da il titolo all’opera ,nel senso che è scritta con il suo sperma all’inizio del film, ovvero Ichi. Kakihara, quando avrà l’onore di conoscerlo, sentenzierà “Ma tu sei veramente un pervertito”, questo vuol dire che Miike ha dato il meglio per il suo bel protagonista.
Ichi è un bambino troppo cresciuto con un tremendo complesso di inferiorità nei confronti dei bulli che lo infastidivano da piccolo, inoltre gira per la strada con una tuta che, se non fosse nera, sarebbe uguale a quella di Max Biaggi, e passa la sua vita con il pene in continua erezione e schiacciato dalla capacità di eiaculare solo ed esclusivamente durante i suoi assassini multipli. Quindi, se hai la sfortuna di assomigliare ad un bullo che lo ha infastidito da piccolo, non solo vieni ucciso da Ichi, ma vieni anche inondato dal suo sperma. Anche questo è un gran personaggio quindi…
Attorno a questi due grandiosi protagonisti ruotano altre figure emblematiche come i due sicari gemelli (due cretini identici a marco masini di cui uno,appassionato di anatomia,capace di staccare un braccio a mani nude mentre l’altro, dotato di un grandioso olfatto, in grado di fiutare l’odore di un pene a grande distanza e di non vergognarsi ne del suo potere speciale ne del fatto che lo faccia indossando delle orribili orecchie da orsetto lavatore) , il palestrato ipnotizzatore( maestro e manipolatore di Ichi che è la versione giapponese di Galeazzo Costantino, quello della pubblicità del TesMed) e il braccio destro di Kakihara, ovvero un gorillone capace di emettere solo tremendi rutti (nei sottotitoli compaiono frasi complesse... questo ci lascia perplessi riguardo la lingua giapponese).
Fotografia e Regia di questo film sono molto curate e piacevoli, volutamente brutti invece gli effetti speciali per accentuare la sensazione di gore grottesco che permea tutto il film.
Per il sottoscritto è senza dubbio all’altezza delle aspettative e conferma il meritato amore per Miike.
Voto: 7 ½
P.s: Abbiamo scoperto un interessante aneddoto riguardo Dead or Alive e, in particolare, riguardo il suo finale. Miike, per evitare censure, ha tenuto il finale nascosto ai produttori fino alla prima assoluta in modo da ottenere i soldi per il suo capolavoro senza bisogno di scendere a compromessi.
Miike si sta dimostrando sempre più grande.
Matte